lunedì 16 giugno 2014

Il diritto alla pluralità

…la concezione che denuncio, quella che riduce l’identità a una sola appartenenza, radica gli uomini a un atteggiamento parziale, settario, intollerante, dominatore, talvolta suicida, e li trasforma assai spesso in assassini, o in sostenitori degli assassini.
Amin Maalouf, L’identità, Milano, Bompiani, 2005, p. 34. 

Questo blog nasce dall’idea che la nostra identità sta cambiando in seguito agli incontri interculturali prodotti dai fenomeni migratori, post-migratori e postcoloniali.
La letteratura, la filosofia, l’antropologia, la sociologia, la storia testimoniano come la profonda crisi che investe l’identità dei migranti non riguarda soltanto loro stessi ma anche la società cosiddetta “di accoglienza”, in cui si innestano le diversità culturali, linguistiche, religiose sia di coloro che giungono in un paese straniero per migliorare le proprie condizioni di vita, sia di coloro che vi sono nati e cresciuti e rivendicano i propri diritti di appartenenza.
La crisi di cui si fanno portatori i soggetti migranti (e post-migranti) produce uno scardinamento di valori che siamo soliti considerare come monolitici, fissi e omogenei, ma che la “turbolenza” delle migrazioni ha reso dinamici, ibridi e in continua trasformazione. Sono proprio i pilastri dell’identità – il luogo, la lingua, e la cultura – che, travolti dalle diversità e dalle contaminazioni, vengono messi in crisi declinandosi alla pluralità e all’ibridità.
Se in Italia stiamo lentamente prendendo coscienza di questi cambiamenti, in Francia queste trasformazioni sono già avvenute e possono rappresentare un esempio di come il multiculturalismo abbia, con non poche difficoltà, minato la compattezza linguistica e culturale di un paese storicamente assimilazionista.

Lo scrittore libanese francofono Amin Maalouf rivendica la pluralità insita nel concetto di identità. Partendo dal proprio vissuto personale, Maalouf sostiene che le sue molteplici appartenenze (arabo, libanese, cristiano, francese) non implicano il dissolvimento della sua identità, ma la consapevolezza del suo essere unica e nello stesso tempo comune a molti altri individui. Ogni individuo deve avere la libertà di poter assumere ciascuna delle proprie appartenenze, ciascuna delle componenti della sua identità, e rivendicare con orgoglio la propria molteplicità:

Ciò che mi rende come sono e non diverso è la mia esistenza fra due Paesi, fra due o tre lingue, fra parecchie tradizioni culturali. È proprio questo che definisce la mia identità. ...sono nato in Libano, ...vi ho vissuto fino all'età di ventisette anni, ...l'arabo è la mia lingua materna, ...ho scoperto prima nella traduzione araba Dumas, Dickens e I viaggi di Gulliver, ...nel mio paese di montagna, quello dei miei antenati, ho conosciuto le mie prime gioie di bimbo e sentito certe storie cui mi sarei ispirato in seguito per i miei romanzi. Come potrei scordarlo? Come potrei mai staccarmene? Ma, d'altra parte, vivo in Francia da ventidue anni, bevo la sua acqua e il suo vino, le mie mani accarezzano ogni giorno le sue vecchie pietre, scrivo i miei libri nella sua lingua, per me non sarà mai più una terra straniera. Metà francese, dunque, e metà libanese? Niente affatto. L'identità non si suddivide in compartimenti stagni, non si ripartisce né in metà, né in terzi. Non ho parecchie identità, ne ho una sola, fatta di tutti gli elementi che l'hanno plasmata, secondo un "dosaggio" particolare che non è mai lo stesso da una persona all'altra.

È necessario allora, così com'è stato fatto dalla critica postcoloniale, mettere in discussione i presupposti eurocentrici che sono alla base dei concetti cardine della teoria e della pratica filosofica, storica, letteraria e politica, rielaborare i concetti di “identità” e di “soggettività” alla luce di una configurazione del mondo attraversato da crepe, turbolenze e fratture, fondandoli su nuovi parametri quali la contaminazione, l’ibridizzazione, la deterritorializzazione.
Le migrazioni transnazionali portano a una riconfigurazione del tessuto urbano, a nuove dinamiche fra centro e periferie, e a una nuova identità europea svincolata dai confini geografici, geopolitici e geoculturali. È quanto sostiene lo studioso australiano Nikos Papastergiadis, per cui la “turbolenza” che caratterizza i movimenti migratori contemporanei ha destabilizzato le traiettorie dei movimenti e rimescolato la carta geografica del pianeta. Con la loro capacità di legare località distanti in un unico campo sociale, dando forma ad appartenenze multiple che attraversano più contesti nazionali o locali, i migranti hanno alterato le percezioni del tempo e dello spazio producendo cambiamenti nei paesaggi geopolitici, ridisegnando le mappe delle differenze culturali, e mettendo in evidenza la complementarietà dell’alterità periferica e il centro metropolitano. (N. Papastergiadis, The turbulence of migration. Globalization, deterritorialization and hybridity, Cambridge, Polity Press, 2000).

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