…la
concezione che denuncio, quella che riduce l’identità a una sola appartenenza,
radica gli uomini a un atteggiamento parziale, settario, intollerante,
dominatore, talvolta suicida, e li trasforma assai spesso in assassini, o in
sostenitori degli assassini.
Amin Maalouf, L’identità, Milano, Bompiani,
2005, p. 34.
Questo blog
nasce dall’idea che la nostra identità sta cambiando in seguito agli incontri
interculturali prodotti dai fenomeni migratori, post-migratori e postcoloniali.
La letteratura,
la filosofia, l’antropologia, la sociologia, la storia testimoniano come la
profonda crisi che investe l’identità dei migranti non riguarda soltanto loro
stessi ma anche la società cosiddetta “di accoglienza”, in cui si innestano le
diversità culturali, linguistiche, religiose sia di coloro che giungono in un
paese straniero per migliorare le proprie condizioni di vita, sia di coloro che
vi sono nati e cresciuti e rivendicano i propri diritti di appartenenza.
La crisi di cui
si fanno portatori i soggetti migranti (e post-migranti) produce uno
scardinamento di valori che siamo soliti considerare come monolitici, fissi e
omogenei, ma che la “turbolenza” delle migrazioni ha reso dinamici, ibridi e in
continua trasformazione. Sono proprio i pilastri dell’identità – il luogo, la
lingua, e la cultura – che, travolti dalle diversità e dalle contaminazioni,
vengono messi in crisi declinandosi alla pluralità e all’ibridità.
Se in Italia
stiamo lentamente prendendo coscienza di questi cambiamenti, in Francia queste
trasformazioni sono già avvenute e possono rappresentare un esempio di come il
multiculturalismo abbia, con non poche difficoltà, minato la compattezza
linguistica e culturale di un paese storicamente assimilazionista.
Lo scrittore
libanese francofono Amin Maalouf rivendica la pluralità insita nel concetto di
identità. Partendo dal proprio vissuto personale, Maalouf sostiene che le sue
molteplici appartenenze (arabo, libanese, cristiano, francese) non implicano il
dissolvimento della sua identità, ma la consapevolezza del suo essere unica e
nello stesso tempo comune a molti altri individui. Ogni individuo deve avere la
libertà di poter assumere ciascuna delle proprie appartenenze, ciascuna delle
componenti della sua identità, e rivendicare con orgoglio la propria molteplicità:
Ciò che mi rende come sono e non diverso è la mia esistenza
fra due Paesi, fra due o tre lingue, fra parecchie tradizioni culturali. È proprio questo che definisce la mia identità. ...sono nato in Libano, ...vi ho
vissuto fino all'età di ventisette anni, ...l'arabo è la mia lingua materna,
...ho scoperto prima nella traduzione araba Dumas, Dickens e I viaggi di
Gulliver, ...nel mio paese di montagna, quello dei miei antenati, ho conosciuto
le mie prime gioie di bimbo e sentito certe storie cui mi sarei ispirato in
seguito per i miei romanzi. Come potrei scordarlo? Come potrei mai staccarmene?
Ma, d'altra parte, vivo in Francia da ventidue anni, bevo la sua acqua e il suo
vino, le mie mani accarezzano ogni giorno le sue vecchie pietre, scrivo i miei libri
nella sua lingua, per me non sarà mai più una terra straniera. Metà francese,
dunque, e metà libanese? Niente affatto. L'identità non si suddivide in
compartimenti stagni, non si ripartisce né in metà, né in terzi. Non ho
parecchie identità, ne ho una sola, fatta di tutti gli elementi che l'hanno
plasmata, secondo un "dosaggio" particolare che non è mai lo stesso
da una persona all'altra.
Le migrazioni transnazionali portano a una riconfigurazione
del tessuto urbano, a nuove dinamiche fra centro e periferie, e a una nuova
identità europea svincolata dai confini geografici, geopolitici e
geoculturali. È quanto sostiene lo studioso australiano
Nikos Papastergiadis, per cui la “turbolenza” che caratterizza i
movimenti migratori contemporanei ha destabilizzato le traiettorie dei
movimenti e rimescolato la carta geografica del pianeta. Con la loro capacità
di legare località distanti in un unico campo sociale, dando forma ad
appartenenze multiple che attraversano più contesti nazionali o locali, i
migranti hanno alterato le percezioni del tempo e dello spazio producendo
cambiamenti nei paesaggi geopolitici, ridisegnando le mappe delle differenze
culturali, e mettendo in evidenza la complementarietà dell’alterità periferica
e il centro metropolitano. (N. Papastergiadis, The turbulence of migration.
Globalization, deterritorialization and hybridity, Cambridge, Polity Press,
2000).
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